Sport e disabilità: uno sguardo che può salvare

Sport e disabilità: uno sguardo che può salvare

L’inclusione, intesa come processo, diventa la ricerca di un itinerario e di una pista per una possibile crescita della persona, per offrire occasioni espressive per e nella quotidianità. In tal senso, lo sport può diventare, per le persone con disabilità, un luogo nel quale darsi il permesso di sbagliare, tentare, rischiare, rialzarsi e scoprirsi. 

Ma cosa si intende quando si parla di sport? La parola in sé ha un ampio significato e deriva dal latino, dal termine deportare, che significa “uscire fuori porta”: ovvero uscire dalle mura cittadine per dedicarsi a tutte quelle attività fisiche e mentali che oggi vengono chiamate sportive e il cui scopo principale è di procurare piacere. In seguito, il termine, attraverso lo spagnolo, il francese e l’inglese, assume il significato più ampio di divertimento e svago. Nella sua definizione generale si può dire, quindi, che lo sport è un’esperienza di vita vissuta che si intreccia inevitabilmente all’intera sfera esistenziale umana.

 

L’idea che lo sport promuova un benessere fisico e psico-emotivo è ormai riconosciuta, ma è necessario pensare allo sport anche in termini di diritto, promuovendone il suo ruolo e valore per l’espressione della persona, riconoscendone l’universalità nel permettere l’incontro con l’Altro. Per la prima volta nella Carta Europea dello Sport per Tutti: le persone disabili (1987), si amplifica il concetto di “sport per tutti”, estendendone i benefici al maggior numero di persone possibile. Nel 1992, la Legge 104 – Legge Quadro in materia di disabilità in Italia – pone l’accento sul tema del diritto allo sport e della rimozione di tutti quegli ostacoli che impediscono l’esercizio delle attività sportive. Lo sport ha, quindi, il compito di diventare un’occasione di partecipazione alla vita sociale, di tolleranza, di accettazione delle differenze e di rispetto delle regole. Nelle ultime modifiche dei disegni di legge si vuole sottolineare il valore educativo della pratica sportiva, per la crescita e la formazione dell’individuo.

 

Educarsi ed educare

Lo sport può diventare un ambiente privilegiato per sperimentare la relazione educativa, nei termini di incontro e apertura all’Altro. Occorre riflettere non solo su ciò che è possibile imparare dallo sport, ma anche nello sport e con lo sport, mettendo al centro l’individuo come soggetto attivo, partecipe e libero di scegliere. Lo sport non è di per sé educativo, ma lo diventa nel momento in cui promuove relazioni di qualità, sia asimmetriche. -come quelle tra atleta e allenatore – sia simmetriche, tra compagni di squadra.

L’ambito pedagogico speciale, che per tradizione ha indagato soprattutto la scuola e l’infanzia, oggi si sta sempre più espandendo – coerentemente con quanto esprime la recente “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità” – alle problematiche che emergono in relazione all’integrazione lavorativa e al diritto allo svago e al tempo libero, volte alla ricerca di un’identità adulta per la persona con disabilità. All’interno di questo orizzonte, si può valorizzare la valenza formativa della dimensione corporea, la valenza sociale ed educativa dello sport per i diversamente abili e la ragione di esistere del Movimento Paralimpico come fenomeno sociale ed educativo. Ludwig Guttmann, padre delle Paralimpiadi, credeva nel valore terapeutico dello sport, come la forma più naturale di rieducazione, non solo perché in grado di migliorare le performances di concentrazione, coordinazione motoria e debolezza muscolare, ma soprattutto perché ha colto nell’uso disciplinato della pratica sportiva l’affiorare della dimensione ludica e agonistica che sollecita la volontà della persona con disabilità, andando oltre i tradizionali metodi di fisioterapia.

Negli ultimi anni, il corpo della persona diversamente abile è presentato nello sport attraverso immagini positive, di piena integrazione e di partecipazione sociale, come quelle offerte ad esempio da Alex Zanardi. Tali immagini possono aiutare a produrre un nuovo immaginario sulla disabilità, facendo maturare la comprensione che essa trascende la singolarità individuale, nel momento in cui la diversità, anche nel corpo, caratterizza intrinsecamente ogni individuo.

Sara Mesiano
Pedagogista

Il Ruolo Positivo dei Fratelli di Bambini con Disabilità

Il Ruolo Positivo dei Fratelli di Bambini con Disabilità

Chi sono i sibling

Si fa spesso riferimento ai caregiver familiari che si occupano della cura e dell’assistenza di un congiunto fragile. Tuttavia, si parla poco di un tipo specifico di caregiver: i giovani o giovanissimi caregiver, fratelli o sorelli di bambini con disabilità. Quando si parla di queste figure si usa il termine sibling.

Anni fa, i ricercatori consideravano i fratelli di bambini con disabilità come una categoria svantaggiata. Da allora, numerose ricerche dimostrano che quando i bambini aiutano con l’educazione di un fratello o una sorella con disabilità, i risultati sono spesso positivi per entrambi.
Questa nuova visione riconosce i punti di forza che i bambini possono trarre dall’avere un fratello con disabilità, come una maggiore adattabilità, empatia e tolleranza.

L’importanza dell’informazione

“La prima cosa da fare è riconoscere che l’esperienza dei fratelli è parallela a quella dei genitori”, ha affermato Emily Holl, direttrice del Sibling Support Project, un programma americano che si occupa di fornire supporto ai fratelli di persone con disabilità. Come gli adulti, anche i bambini desiderano disperatamente avere informazioni sulla salute dei loro fratelli, ma spesso vengono esclusi dalle conversazioni che i genitori hanno con medici, assistenti sociali e terapisti.

Gli esperti suggeriscono un approccio proattivo nell’informare i fratelli sulla diagnosi. È utile trovare libri adatti alla loro età che possano essere in grado di spiegare loro cosa sta succedendo al fratello e coinvolgerli durante le visite mediche.

Nessuna fretta di crescere

I fratelli di bambini con bisogni speciali spesso maturano rapidamente e sviluppano un senso di responsabilità nei confronti dei loro fratelli, un fenomeno chiamato “genitorialità“. Sebbene possa sembrare un risultato positivo per i genitori, poiché i fratelli condividono parte del carico, un’eccessiva “genitorialità” può portare a problemi comportamentali e sentimenti di rifiuto.

La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che sia importante incoraggiare i figli a mantenere la loro natura di bambini per il maggior tempo possibile. Alcuni bambini piccoli possono preoccuparsi di dove vivranno i loro fratelli in futuro e chi si prenderà cura di loro quando saranno adulti. I genitori dovrebbero creare occasioni per parlare del futuro e rassicurare i loro figli che si stanno facendo piani in merito.

Trovare le giuste parole e i giusti spazi

Il fattore più influente nell’interpretazione della disabilità da parte dei fratelli è l’interpretazione stessa della disabilità da parte dei genitori. Affrontare la disabilità di un figlio con umorismo e leggerezza, come qualcosa su cui lavorare insieme, aiuta a promuovere una visione più positiva tra gli altri bambini della famiglia.

Inoltre, è estremamente benefico per i sibling, fornire il giusto spazio per parlare di qualsiasi cosa o di niente, comprese le domande del bambino sul fratello o le sue preoccupazioni.
Bisogna sempre mantenere una comunicazione aperta e utilizzare l’ascolto attivo per far sentire i bambini capiti.

(di Marianna Astazi)

Diversità e inclusione nelle aziende: la situazione attuale

Diversità e inclusione nelle aziende: la situazione attuale

6 aziende su 10 non hanno ancora un piano definito per la diversità e l’inclusione, mentre 2 su 10 non ritengono che sia importante farlo. Questi sono i risultati allarmanti emersi dalla ricerca Future of Work condotta da Inaz – Osservatorio Imprese Lavoro e Business International – Fiera Milano. L’indagine ha coinvolto circa 100 HR director di aziende italiane, evidenziando la difficoltà nel tradurre buoni propositi in azioni concrete.

 

L’84% degli intervistati ritiene che la diversità e l’inclusione siano urgenti da un punto di vista etico, ma solo il 50% considera l’impatto che possono avere sul business e solo il 42% pensa al valore di fiducia che possono generare nella comunità finanziaria. Solo il 46% delle aziende ha un piano attivo per la diversità e l’inclusione, mentre il 63% non ha ancora sviluppato una pianificazione strutturata, anche se promette di farlo in futuro. Inoltre, il 20% delle aziende non ritiene importante dotarsi di un programma dedicato.

 

Ma perché è così difficile mettere in pratica strategie di diversità e inclusione? Secondo Linda Gilli, presidente e AD di Inaz, la diversità spaventa a causa dei pregiudizi accumulati nel tempo e delle barriere di diffidenza costruite su di essi. Tuttavia, è essenziale abbattere questi pregiudizi, poiché la diversità delle persone rappresenta un valore prezioso che arricchisce le imprese e i loro collaboratori.

 

È importante sottolineare che la diversità e l’inclusione vanno oltre le questioni di genere. Dall’indagine emerge una maggiore sensibilità verso la disabilità (78%), sebbene solo il 60% degli intervistati abbia previsto misure concrete per mitigare le condizioni di fragilità. La disabilità è spesso associata a pregiudizi, mancanza di conoscenza e di cultura. Tuttavia, le aziende che hanno superato queste barriere hanno avviato iniziative di ascolto, consulenza e introdotto tecnologie assistive per facilitare l’accesso al lavoro dei collaboratori disabili.

 

È fondamentale affrontare con determinazione la sfida della diversità e dell’inclusione, creando ambienti di lavoro che accolgano tutte le diversità e che siano basati sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco. Solo così le aziende potranno veramente prosperare in un mondo in continuo cambiamento.

(di Marianna Astazi)

Intelligenza Artificiale: la rivoluzione per le persone con disabilità

Intelligenza Artificiale: la rivoluzione per le persone con disabilità

L’Intelligenza Artificiale ha aperto nuove e più semplici modalità per gestire le nostre attività quotidiane. Grazie al grande potenziale di automatizzazione dei compiti che richiedono l’intelligenza umana, l’IA può aiutare le persone con disabilità apportando un enorme cambiamento nella loro capacità di muoversi e di partecipare alle attività di vita quotidiana.

Ma quali sono le migliori tecnologie che sfruttano l’IA per migliorare la vita di coloro che convivono con una disabilità?

Comunicazione e connessione umana

Le tecnologie assistite dall’IA, come Echo, Google Home e Alexa, consentono alle persone con disabilità di accedere alle informazioni in modo molto più facile, semplicemente parlando ai loro dispositivi.

I progressi nelle tecnologie di conversione da voce a testo e da testo a voce aiutano coloro che vivono con impedimenti del linguaggio. Alcuni sistemi vocali sono in grado di imparare e riconoscere la pronuncia di chi parla e di tradurre le parole dell’utente in un linguaggio chiaro sotto forma di messaggi audio o testo.

Gli strumenti basati sull’IA possono apportare grandi benefici anche per le persone con disabilità uditiva. Uno dei principali fornitori di piattaforme basate sull’IA è GnoSys, conosciuto come il “traduttore di Google per i sordi e muti”. L’app è in grado di tradurre istantaneamente i gesti o il linguaggio dei segni in testo e voce.
DeepMind di Google ha utilizzato le capacità dell’IA per creare un sistema di lettura delle labbra per decifrare intere frasi in modo accurato. Questa tecnologia è in grado di interpretare il linguaggio umano in spazi pubblici, in una varietà di ambienti rumorosi e con diverse condizioni di illuminazione.

Grandi passi avanti sono stati fatti anche per le persone con limitata capacità visiva.
Attraverso la tecnologia di riconoscimento delle immagini, l’IA comprende il contesto degli oggetti nelle foto e descrive le foto alle persone. Seeing AI di Microsoft è un ottimo esempio di piattaforma di visione artificiale che racconta il mondo leggendo testi, descrivendo l’aspetto delle persone, riconoscendo volti ed emozioni.

Aumento dell’accessibilità

La tecnologia dell’IA può dare potere anche alle persone con limitata mobilità fisica. Il programma AI for Accessibility di Microsoft utilizza il potenziale dell’Intelligenza Artificiale per sviluppare soluzioni a molte sfide fisiche e cognitive che le persone con disabilità affrontano sul lavoro e nella vita quotidiana. L’iniziativa di Microsoft mira ad aumentare l’indipendenza e la produttività per le persone con disabilità nel lavoro, nella vita quotidiana e nella comunicazione.

Le auto a guida autonoma e altre forme di trasporto autonomo promettono un’incredibile libertà di mobilità. Grazie all’Intelligenza Artificiale, i veicoli autonomi sviluppati da Waymo di Google, Uber, Lyft, Drive AI e altri potrebbero eliminare l’isolamento fisico e promuovere uno stile di vita più sociale. Una volta che i veicoli autonomi saranno pienamente integrati nella società, potrebbero facilitare la mobilità indipendente e aumentare l’accessibilità adattandosi alle capacità e alle esigenze di ciascun utente.

Nuove opportunità

Le soluzioni basate sull’IA hanno il potenziale per fare una vera differenza per le persone con disabilità, supportandole nelle attività della vita quotidiana e consentendo loro di acquisire nuove competenze. L’Intelligenza Artificiale apre nuove opportunità per l’accessibilità, l’inclusione nella società e una vita indipendente che altrimenti sarebbe difficile o impossibile da raggiungere.

Man mano che l’IA continua a crescere, potrebbe sbloccare soluzioni più avanzate e innovative per affrontare le sfide più complesse che le persone con disabilità devono affrontare, favorendo una maggiore inclusione per loro.

(di Marianna Astazi)

Il linguaggio inclusivo nelle scuole

Il linguaggio inclusivo nelle scuole

Tra gli innumerevoli stereotipi, i continui tabù, la disattenzione data da una sensibilità poco spiccata, come è possibile parlare di disabilità nelle scuole e in altri contesti educativi? È necessario assumere un linguaggio inclusivo e soprattutto consapevole, che crei un sistema naturale di integrazione ed accettazione del diverso, dalla tenera età.

Se ci fermassimo a riflettere, anche con le migliori intenzioni, si cresce con la convinzione che la disabilità sia una caratteristica e una responsabilità del singolo portatore di disabilità o della sua famiglia, senza pensare che anche la società, al contrario, dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale.

Anche con la disabilità si può essere individui straordinari

Avere delle disabilità è sicuramente una condizione difficile ma, in una società sempre in continua evoluzione come la nostra, siamo riusciti a dimostrare come anche con le disabilità si possa essere individui straordinari e raggiungere l’apice di successi sportivi, scientifici, medici e quotidiani.

Perché nel nostro linguaggio una persona con disabilità è appellata come “speciale”? Perché il nostro linguaggio si è caricato di questo perbenismo, invece di imparare a parare di disabilità con consapevolezza?

Sicuramente uno dei problemi alla base è il concetto di stereotipo, perché chi parla di disabilità (tutte, da quelle fisiche a quelle neurodegenerative come dislessia, autismo, l’ADHD e altri) non vive in prima persona quelle condizioni; quindi, non sono vicine neanche emotivamente a quello che sarebbe inclusivo e quello che, invece, non lo è. Per vedere la disabilità per quello che realmente è bisogna ragione in collettività più ampia, non composta solo da familiari, medici, assistenti, ma la voce principale delle persone direttamente disabili.

Non è necessario parlare di disabilità come se fosse un tabù, basta semplicemente iniziare a parlarne consapevolmente.

È necessario smettere di veicolare il messaggio che ultimamente spopola nelle nostre televisioni e social: “non si può più dire nulla”.
Chi sostiene questa convinzione, spesso, lo fa perché ha la fortuna di vivere in una condizione privilegiata da non volersi negare il “privilegio” di potersi esprimere anche in modo offensivo senza dover rendere conto a nessuno con scuse o curarsi del dolore che viene inferto al prossimo.

Il linguaggio quotidiano è pieno di riferimenti a malattie neurodegenerative, termini che usiamo in modo improprio con leggerezza, ignorando quello che sia il vero significato discriminatorio e anche degli effetti che potrebbe causare intorno a noi. Iniziamo a pensare a quali sono queste frasi scomode, e proviamo a non esprimerci in modo così diretto se non necessario: “psicopatico”“cerebroleso”“down”.

Come possiamo provare ad usare un linguaggio più inclusivo e a crescere con una maggiore consapevolezza all’interno delle scuole?

I bambini hanno di natura una sensibilità spiccata, questa sensibilità può essere la chiave di lettura vincente per una inclusività sincera, se abituati fin da piccoli a coesistere in un’unica comunità senza distinzioni.

Sono state sviluppate diverse campagne di comunicazione da mostrare soprattutto all’interno delle scuole, ma non è sufficiente perché è necessaria una inclusione tangibile, non solo visiva.
Ad esempio non escludere dalla classe i bambini con disabilità con l’insegnante di sostegno, ma proprio con l’aiuto dell’insegnante di sostegno aiutarli a svolgere le stesse attività dei proprio compagni con le loro possibilità, fin dove possono arrivare. Ci sono diversi insegnanti che mostrano difficoltà a predisporre atteggiamenti, lezioni e progetti affinché siano inclusi anche gli alunni con disabilità.

Anche il linguaggio svolge un importante ruolo, soprattutto perché è in continua evoluzione. Nelle scuole, troviamo ancora espressioni come “malato”, “down” o ancora più esclusivi, come “bambino diversamente abile” o “handicappato”. È necessario educare i docenti alla sensibilità, e trasmettere ai rispettivi alunni il corretto linguaggio inclusivo sulla disabilità e non deviare il discorso mascherando il tema con espressioni inadeguate. Dobbiamo imparare ad accogliere, ad includere con tutte le possibilità a disposizione e non distinguere persone normali da persone disabili.

(di Marissa Trimarchi)

Legge 162 in cosa consiste e quali vantaggi offre per disabili

Legge 162 in cosa consiste e quali vantaggi offre per disabili

La legge 162 offre vantaggi dedicati esclusivamente alle persone affette da disabilità consentendo di rinnovare i benefici concessi nel 2021 o di modificare i propri dati personali per ricevere un’assistenza pensata per la propria condizione di salute specifica.

Questa legge è molto più flessibile e personalizzata rispetto alle altre se parliamo di cambio di dati, tempi e le modalità di erogazione. Per poter usufruire dei servizi dedicati però è necessario soddisfare alcuni requisiti e richiedere i benefici entro le date stabilite.

È personalizzato in tutti gli effetti, perché permette ai disabili e alle loro famiglie di poter creare proprio un piano personalizzato che consentono di gestire liberamente risorse ottenute in modo da poter soddisfare le esigenze fisiche/psicologiche, includendo assistenza a domicilio, supporto psicologico o programmi educativi.

Cosa offre?Alle persone con meno di 65 anni di età offre un gran numero di servizi, alcuni dei quali includono attività educative, sportive e sociali, assistenza personale e sociale, assistenza domiciliare medica e alloggi nei centri specializzati di supporto.

Per godere di tutti i vantaggi bisogna considerare che la gestione del piano personalizzato segue due approcci differenti: approccio diretto ed indiretto.

Nel primo caso il Comune si fa economicamente carico dei servizi, assicurandosi che siano tutti in linea con i bisogni del beneficiario. Nel secondo caso, è il disabile stesso che può scegliere di gestire in maniera autonoma la ricerca di servizi fornendo tutta la documentazione necessaria al comune.

(di Marissa Trimarchi)

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