Quali lavoratori rientrano nelle categorie protette?

Quali lavoratori rientrano nelle categorie protette?

Oggi scopriamo insieme quali lavorati rientrano nelle categorie protette, una domanda molto frequente a cui oggi dareo risposta.
L’articolo 1 della legge n. 68 del 1999 individua le categorie di lavoratori cosiddette «protette», ossia la cui assunzione è obbligatoria per i datori di lavoro che superano determinati requisiti dimensionali.

  • Persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile.
  • Persone la cui capacità di lavoro, in occupazione confacenti alle proprie attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo.
  • Persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’Inail.
  • Non vedenti o sordomute, si intendono per “non vedenti” coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono “sordomuti” coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata.
  • Persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.
  • Persone invalide perché vittime di terrorismo o della criminalità organizzata o loro familiari superstiti.

(di Marissa Trimarchi)

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Lavoratori disabili, una risorsa su cui investire

Lavoratori disabili, una risorsa su cui investire

Lavoratori diversamente abili: perché conviene averli all’interno del nostro team

Il lavoro è indispensabile nella vita tutte le persone, quindi perché non dovrebbe esserlo anche per le persone con disabilità? Purtroppo, i dati che ruotano attorno a questo argomento sono ancora molto deludenti, in Italia infatti l’80% delle persone con disabilità è disoccupata. Una situazione non giustificata se riflettessimo per un attimo sul fatto che non si tratta di persone impossibilitate a dare il loro contributo all’interno di un contesto lavorativo, ma di persone che nonostante una parte di limitazione derivata dalla loro disabilità, avrebbero tutte le carte in regola per essere propositive e lavorare senza porre limiti per l’azienda o il datore di lavoro.

A rendere questa situazione ancora più spiacevole è il fatto che le misure per agevolare l’inserimento lavorativo dei disabili non mancano, né gli  incentivi a favore delle aziende che le assumono. La legge 68/99 per il  collocamento mirato delle persone con disabilità, però non ha dato i suoi frutti come sperato, risultando quasi inadeguata alle esigenze del mondo del lavoro odierno.

Nel 2018 infatti è stata introdotta anche una  modifica importante per questa legge, attraverso il decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015.
Dal 2016 è stato riconosciuto un bonus per le aziende che investono sull’assunzione di persone affette da disabilità:

  • per riduzioni della capacità lavorativa tra il 67% e il 79%, al datore di lavoro spetta un bonus assunzione pari al 35% della retribuzione mensile lorda per 36 mesi;
  • per riduzioni superiori al 79%, viene riconosciuto un bonus pari al 70% della retribuzione mensile lorda per un massimo di 36 mesiper ogni lavoratore assunto a contratto a tempo indeterminato;
  • per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichicache comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, spetta in caso diassunzione a tempo indeterminato o di assunzione a tempo determinato di durata non inferiore a 12 mesi, un bonus pari al 70% della retribuzione lorda mensile per una durata massima di 60 mesi.

Ma tralasciando le opportunità fiscali e agevolazioni è opportuno visti i tempi che le aziende si rendano conto che nessuno deve essere lasciato indietro, che assumere una persona con disabilità non è limitante, non deve essere fatto perché lo impone una legge e non deve essere tanto meno un gesto di pietà.
Un lavoratore disabile che viene collocato giustamente all’interno del sistema lavoro, non è un peso, ma una risorsa come tutti gli altri assunti, quindi un soggetto interno che aiuterà ad incrementare la crescita dell’azienda stessa. La percentuale di invalidità non è un marchio scarlatto, non è la condizione per creare pregiudizi su qualcuno, è necessario correggere questo comportamento errato per aiutare queste persone a diventare una risorsa ed essere liberi di potersi autogestire.

(di Marissa Trimarchi)

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Oltre i limiti per l’inclusività

Oltre i limiti per l’inclusività

 «La verità è che siamo tutti spaventati da ciò che non si conosce. La maggior parte delle persone non si sente a suo agio quando ha intorno persone disabili, è normale» -Yves Veulliet

La disabilità è prima di tutto un muro costruito da pregiudizi e giudizi riguardo a quello che una persona disabile riuscirebbe a fare o non fare, comprendere o non comprendere.

Questo comporta una difficoltà ad affacciarsi al mondo del lavoro perché la visione negativa proprio da parte dei datori di lavoro e di colleghi,  influenzano la decisione di assumere una persona affetta da disabilità per paura che non riesca ad essere una vera risorsa per il team.

In diversi casi, invece, quando un datore di lavoro riesce a scrollarsi di dosso i propri timori e concedere una possibilità al soggetto disabile, tutti i timori avuti in precedenza scompaiono. Il contesto di lavoro è molto importante per garantire una dignità autonoma per i lavoratori disabili che possono lavorare e garantire per sé stessi e alla propria famiglia un contributo mensile.

L’inclusività è anche questo: non lasciare indietro nessuno e permettere a ciascuno all’interno della società, di poter essere autonomo e poter condurre una vita accessibile, a misura anche delle sue disabilità. 

La logica della meritocrazia nel mondo del lavoro (anche nel caso delle disabilità), ha un forte impatto sulla decisione da parte di un datore di lavoro su “chi” valga la pena assumere. La risposta è semplice, selezionare chi ha voglia di mettersi in gioco provando a dare il proprio contributo all’azienda piuttosto che limitarsi al giudizio della disabilità e rinunciare ad una buona risorsa.

(di Marissa Trimarchi)

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I nostri campioni della Nazionale Italiana con sindrome di Down: traguardi e successi

I nostri campioni della Nazionale Italiana con sindrome di Down: traguardi e successi

La Nazionale Italiana di Basket con sindrome di Down è Campione del Mondo per la terza volta.

Dopo i successi ottenuti nel 2018 e nel 2019, per la terza volta a Nazionale azzurra si conferma Campione del Mondo. L’allenatore Bufacchi entusiasta riguardo l’impresa in cui i suoi ragazzi sono riusciti: “Questo è il terzo titolo Mondiale, sicuramente è il più bello perché c’erano molte squadre di valore. Sono contentissimo, è una grande soddisfazione e non potrei volere di più”.

Oltre alla Nazionale di basket, il doppio oro l’Italia ai Mondiali di nuoto, per atleti con sindrome di down.

Importante il successo dei nostri atleti, e grande l’orgoglio della federazione Fisdir, e di tutti coloro che hanno sempre supportato e contribuito alla crescita della squadra. Francesco Piccinini conquista la medaglia di bronzo, Sabrina Chiappa doppio argento nei 200 rana e 50 dorso), e ultima ma non ultima Dalila Vignando con un bronzo nei 200 a rana.

Complimenti a questi atleti che ci mostrano quanto i limiti siano solo per chi vuole prefissarseli.

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Corte europea dei diritti dell’uomo e persone vulnerabili

Corte europea dei diritti dell’uomo e persone vulnerabili

Diritti umani e persone vulnerabili

Venerdì 22 Aprile presso l’Aula Magna del La Sapienza di Roma si è tenuta la Lectio Magistralis  del Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo Robert Spanó dal titolo “Diritti umani e persone vulnerabili” e noi di Superjob eravamo lì, in prima fila, ad ascoltare cosa accade alla corte di Strasburgo, e non solo, all’evento infatti sono intervenuti: la Rettrice Antonella Polimeni, il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, Silvana Sciarra, vice Presidente della Corte costituzionale, Giuseppe Palmisano, ordinario di Diritto internazionale dell’Università Roma Tre e Massimo Luciani, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico della Sapienza.

Quando il Presidente Spanó ha introdotto il suo intervento abbiamo subito capito che l’argomento per noi sarebbe stato di grande interesse, infatti ha precisato che la sua Lectio Magistralis sarebbe stata incentrata su una particolare categoria di persone vulnerabili: le persone con disabilità.

Perché, come ha detto lo stesso Amato nel suo intervento, se la Corte Europea dei diritti dell’uomo esiste ed è tale, il suo scopo è quello di essere a fianco delle persone, di ogni singolo individuo per la tutela dei suoi diritti. Ed è per questo che non può che occuparsi sempre dei più deboli, tra cui continuano continuano ad esserci in modo prioritario le persone con disabilità.

Il presidente Spanó ha per prima cosa posto all’attenzione il concetto di vulnerabilità, chiarendo il punto di vista da cui osservare la questione: e cioè che la vulnerabilità non esiste in quanto tale, ma è il frutto dell’organizzazione sociale esistente. Infatti, sono gli ambienti a rendere le persone vulnerabili tutte le volte che non rispettano le loro peculiarità e diversità, non qualsiasi caratteristica della persona in quanto tale.

Perciò non è la disabilità stessa che rende un individuo vulnerabile, ma l’ambiente che non rispetta le necessità che essa comporta.

Quindi la Corte Europea dei diritti dell’uomo nelle sue sentenze segue due direttrici fondamentali, dettando i principi a cui tutti gli stati dovrebbero uniformarsi:

  1. Tutelare la dignità di ogni persona
  2. Proteggere lo spirito di solidarietà sociale

Molte sono state le pronunce della corte a favore di richieste di persone con disabilità che hanno fatto ricorso ad essa per la tutela dei propri diritti fondamentali, come il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, in ogni contesto sociale. 

Le persone con disabilità e in generale tutte le persone vulnerabili godono sempre degli stessi diritti degli altri individui, hanno diritto alle stesse opportunità, hanno la voglia di realizzare sogni e progetti come ciascuno di noi, ed è un dovere sociale oltre che morale permettere che ciò sia concretamente possibile, altrimenti si viola il principio di solidarietà sociale che permea tutta la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

La vulnerabilità, come dicevamo è una conseguenza dall’ambiente inadatto per delle caratteristiche differenti e meno comuni di alcune persone, e ciò implica la loro dipendenza nei confronti di altre persone che se ne prendano cura. Ma di questa dipendenza noi abbiamo la responsabilità di annullare, per quanto possibile, gli effetti, comprendendo e prevenendo la vulnerabilità stessa nelle sue manifestazioni in relazione ai contesti storici e sociali.

La corte ha espressamente dichiarato in più di una sua sentenza che non esiste giustificazione per una differenza di trattamento dovuta alla disabilità di un individuo e per questo ha più volte ammonito gli stati membri a raggiungere obiettivi cruciali per garantire l’universalizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo.

Noi speriamo che l’Italia possa rendere tutto ciò concreta realtà prima che nell’aula di un tribunale nei suoi contesti sociali e lavorativi.

(di Francesca Diodati)

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