Il linguaggio inclusivo nelle scuole

Il linguaggio inclusivo nelle scuole

Tra gli innumerevoli stereotipi, i continui tabù, la disattenzione data da una sensibilità poco spiccata, come è possibile parlare di disabilità nelle scuole e in altri contesti educativi? È necessario assumere un linguaggio inclusivo e soprattutto consapevole, che crei un sistema naturale di integrazione ed accettazione del diverso, dalla tenera età.

Se ci fermassimo a riflettere, anche con le migliori intenzioni, si cresce con la convinzione che la disabilità sia una caratteristica e una responsabilità del singolo portatore di disabilità o della sua famiglia, senza pensare che anche la società, al contrario, dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale.

Anche con la disabilità si può essere individui straordinari

Avere delle disabilità è sicuramente una condizione difficile ma, in una società sempre in continua evoluzione come la nostra, siamo riusciti a dimostrare come anche con le disabilità si possa essere individui straordinari e raggiungere l’apice di successi sportivi, scientifici, medici e quotidiani.

Perché nel nostro linguaggio una persona con disabilità è appellata come “speciale”? Perché il nostro linguaggio si è caricato di questo perbenismo, invece di imparare a parare di disabilità con consapevolezza?

Sicuramente uno dei problemi alla base è il concetto di stereotipo, perché chi parla di disabilità (tutte, da quelle fisiche a quelle neurodegenerative come dislessia, autismo, l’ADHD e altri) non vive in prima persona quelle condizioni; quindi, non sono vicine neanche emotivamente a quello che sarebbe inclusivo e quello che, invece, non lo è. Per vedere la disabilità per quello che realmente è bisogna ragione in collettività più ampia, non composta solo da familiari, medici, assistenti, ma la voce principale delle persone direttamente disabili.

Non è necessario parlare di disabilità come se fosse un tabù, basta semplicemente iniziare a parlarne consapevolmente.

È necessario smettere di veicolare il messaggio che ultimamente spopola nelle nostre televisioni e social: “non si può più dire nulla”.
Chi sostiene questa convinzione, spesso, lo fa perché ha la fortuna di vivere in una condizione privilegiata da non volersi negare il “privilegio” di potersi esprimere anche in modo offensivo senza dover rendere conto a nessuno con scuse o curarsi del dolore che viene inferto al prossimo.

Il linguaggio quotidiano è pieno di riferimenti a malattie neurodegenerative, termini che usiamo in modo improprio con leggerezza, ignorando quello che sia il vero significato discriminatorio e anche degli effetti che potrebbe causare intorno a noi. Iniziamo a pensare a quali sono queste frasi scomode, e proviamo a non esprimerci in modo così diretto se non necessario: “psicopatico”“cerebroleso”“down”.

Come possiamo provare ad usare un linguaggio più inclusivo e a crescere con una maggiore consapevolezza all’interno delle scuole?

I bambini hanno di natura una sensibilità spiccata, questa sensibilità può essere la chiave di lettura vincente per una inclusività sincera, se abituati fin da piccoli a coesistere in un’unica comunità senza distinzioni.

Sono state sviluppate diverse campagne di comunicazione da mostrare soprattutto all’interno delle scuole, ma non è sufficiente perché è necessaria una inclusione tangibile, non solo visiva.
Ad esempio non escludere dalla classe i bambini con disabilità con l’insegnante di sostegno, ma proprio con l’aiuto dell’insegnante di sostegno aiutarli a svolgere le stesse attività dei proprio compagni con le loro possibilità, fin dove possono arrivare. Ci sono diversi insegnanti che mostrano difficoltà a predisporre atteggiamenti, lezioni e progetti affinché siano inclusi anche gli alunni con disabilità.

Anche il linguaggio svolge un importante ruolo, soprattutto perché è in continua evoluzione. Nelle scuole, troviamo ancora espressioni come “malato”, “down” o ancora più esclusivi, come “bambino diversamente abile” o “handicappato”. È necessario educare i docenti alla sensibilità, e trasmettere ai rispettivi alunni il corretto linguaggio inclusivo sulla disabilità e non deviare il discorso mascherando il tema con espressioni inadeguate. Dobbiamo imparare ad accogliere, ad includere con tutte le possibilità a disposizione e non distinguere persone normali da persone disabili.

(di Marissa Trimarchi)

Legge 162 in cosa consiste e quali vantaggi offre per disabili

Legge 162 in cosa consiste e quali vantaggi offre per disabili

La legge 162 offre vantaggi dedicati esclusivamente alle persone affette da disabilità consentendo di rinnovare i benefici concessi nel 2021 o di modificare i propri dati personali per ricevere un’assistenza pensata per la propria condizione di salute specifica.

Questa legge è molto più flessibile e personalizzata rispetto alle altre se parliamo di cambio di dati, tempi e le modalità di erogazione. Per poter usufruire dei servizi dedicati però è necessario soddisfare alcuni requisiti e richiedere i benefici entro le date stabilite.

È personalizzato in tutti gli effetti, perché permette ai disabili e alle loro famiglie di poter creare proprio un piano personalizzato che consentono di gestire liberamente risorse ottenute in modo da poter soddisfare le esigenze fisiche/psicologiche, includendo assistenza a domicilio, supporto psicologico o programmi educativi.

Cosa offre?Alle persone con meno di 65 anni di età offre un gran numero di servizi, alcuni dei quali includono attività educative, sportive e sociali, assistenza personale e sociale, assistenza domiciliare medica e alloggi nei centri specializzati di supporto.

Per godere di tutti i vantaggi bisogna considerare che la gestione del piano personalizzato segue due approcci differenti: approccio diretto ed indiretto.

Nel primo caso il Comune si fa economicamente carico dei servizi, assicurandosi che siano tutti in linea con i bisogni del beneficiario. Nel secondo caso, è il disabile stesso che può scegliere di gestire in maniera autonoma la ricerca di servizi fornendo tutta la documentazione necessaria al comune.

(di Marissa Trimarchi)

Il nuovo Ministro per disabilità

Il nuovo Ministro per disabilità

I nuovi obiettivi del Governo con la Ministra Locatelli: modifiche e agevolazioni

Alessandra Locatelli (esponente di Lega) è la nuova Ministra per le disabilità.  Possiede un bagaglio di esperienza nel campo dell’assistenza e della cura di persone affette da disabilità intellettiva ed è specializzata nella cura di persone affette da disabilità psichica. 

Durante la campagna elettorale la Lega aveva parlato molto dei diritti, delle agevolazioni e degli aiuti urgenti per i disabili per aiutare non solo loro, ma le famiglie che hanno necessità di un supporto economico ed emotivo.

  • Vediamo insieme alcuni dei temi che sono stati portati alla luce:
  • Aumento pensioni di invalidità, diventato necessario e sostenuto comunque da tutte le forze politiche;
  • Potenziamento di politiche mirate alla piena presa in carico delle persone con disabilità, anche attraverso l’aumento delle relative risorse;
  • Maggiori tutele per lavoratori fragili, immunodepressi e con disabilità grave;

Ancora non sono stati dati chiarimenti dalla nuova ministra su come gestiranno la Legge sulle disabilità avviata dall’ex governo Draghi, che prevedeva la revisione della legislazione sulle disabilità, puntando particolare attenzione su: 

  • Riforma delle procedure di accertamento delle disabilità;
  • Semplificazione dell’accesso ai servizi sociali e sanitari;
  • Rafforzamento di servizi sociali;
  • Promozione del lavoro di gruppi di esperti a sostegno delle persone con disabilità con esigenze multidimensionali;
  • Promozione di progetti di vita indipendente.

Nelle intenzioni del nuovo governo, è stata sottolineata anche la volontà di migliorare la qualità vita attraverso l’incremento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e un nuovo piano per l’inclusione lavorativa disabili, un sostegno maggiore all’interno di scuole ed istituti e un piano sport che sia accessibile a tutti. È necessario però capire cosa si potrà realmente fare. 

(di Marissa Trimarchi)

Disabilità e curriculum: qualche consiglio per presentarsi al meglio!

Disabilità e curriculum: qualche consiglio per presentarsi al meglio!

Una persona con disabilità, quando si tratta di lavoro, si ritrova a dover combattere con due principali situazioni: da una parte la paura di venire giudicata ancora prima di presentarsi al colloquio, e dall’altra parte di mostrare le proprie abilità mostrandosi una risorsa utile. Per tutti avere un lavoro è indispensabile per essere indipendenti e trovare il proprio spazio nel mondo, uno scopo.

Un fattore importante da considerare oggi è che si parla sempre più spesso di inclusività, l’apertura verso il diverso o situazioni che non si conoscono. Pertanto, è necessario scrollarsi di dosso il timore di poter essere giudicati negativamente ancora prima di presentarsi ad un colloquio, spesso potrebbe essere il contrario.

Come per chiunque è necessario inserire concentrarsi sulle proprie note positive e descrivere le qualità migliori che si possono offrire, qualche riga da inserire in una lettera di presentazione in cui si convogliano i principali interessi, le esperienze, formazioni extra ecc.

Nel curriculum, invece, documento fondamentale per il mondo del lavoro, bisognerà inserire le competenze professionali e le soft skills, le doti non “scolastiche” e “tecniche” che ognuno di noi possiede, ad esempio essere una persona che ama il confronto.

Non è necessario inserire il tipo di disabilità che si possiede, soprattutto se non è un elemento che potrebbe compromettere il lavoro che si chiede di svolgere. Se ci sono state poche possibilità di riempire il curriculum perché le esperienze di lavoro sono poche, basterà enfatizzare le nozioni apprese da quella singola esperienza, perché tutto è crescita. Se si ha la possibilità è consigliabile mettere in evidenza le ulte esperienze in ordine cronologico e pertinenti con la posizione ricercata.

Non lasciarsi bloccare dalla paura del giudizio è importante, ogni proposta lavorativa è un’occasione per mettersi in gioco.

(di Marissa Trimarchi)

Quali lavoratori rientrano nelle categorie protette?

Quali lavoratori rientrano nelle categorie protette?

Oggi scopriamo insieme quali lavorati rientrano nelle categorie protette, una domanda molto frequente a cui oggi dareo risposta.
L’articolo 1 della legge n. 68 del 1999 individua le categorie di lavoratori cosiddette «protette», ossia la cui assunzione è obbligatoria per i datori di lavoro che superano determinati requisiti dimensionali.

  • Persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile.
  • Persone la cui capacità di lavoro, in occupazione confacenti alle proprie attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo.
  • Persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’Inail.
  • Non vedenti o sordomute, si intendono per “non vedenti” coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono “sordomuti” coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata.
  • Persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.
  • Persone invalide perché vittime di terrorismo o della criminalità organizzata o loro familiari superstiti.

(di Marissa Trimarchi)

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